Per il suo ventunesimo romanzo l’occhio attento e scrutatore della realtà sociale di Andrea De Carlo si sofferma sulla paradossale situazione del sovraccarico di notizie, dello smoderato uso dei social e della cattiva gestione della politica e dell’ambiente. Visum l’ha intervistato.
“Non è facile esserlo, perché di questi tempi né la politica né l’informazione si stanno esprimendo al meglio, anzi. Le sfide del mondo sono sempre più serie, dal cambiamento climatico alle degenerazioni populiste e sovraniste, alle disparità sociali sempre più accentuate. Però per natura sono ottimista, e continuo a sperare in sorprese positive”.
“Viviamo in una situazione paradossale, perché siamo sommersi di informazioni come mai nella storia umana, e le nostre possibilità di comunicazione con gli altri sono incredibilmente rapide, alla portata di un click. Eppure tutto questo rende ancora più arduo distinguere le notizie vere da quelle false, e comunicare con le persone in modo sincero e senza filtri (in tutti i sensi)”.
“Ho cominciato a scrivere Il teatro dei sogni mesi prima della pandemia, e quando è arrivata mi ha messo seriamente in crisi, facendomi sembrare insignificante la mia storia rispetto a quello che stava succedendo. Poi mi sono reso conto di quanto un romanzo possa essere importante per capire il mondo di cui facciamo parte, e per capire noi stessi. La storia e i suoi personaggi mi hanno incoraggiato ad andare avanti, a scrivere di loro, di noi”.
“E’ una specie di esperienza medianica, uno dei miracoli più sorprendenti della scrittura: hai la possibilità di abbandonare il tuo io per assumerne altri, sperimentando dal di dentro prospettive, modi di pensare e di essere diversi dai tuoi abituali. E’ un’esperienza illuminante, intensa, e anche molto divertente”.
“Sono un piccolo centro e una città capoluogo situati in un nord Italia immaginario ma che corrisponde a molti luoghi reali, prosperi dal punto di vista economico e devastati da quello paesaggistico. L’archeologo Guiscardo Guidarini, uno dei protagonisti del romanzo, è particolarmente sensibile al deturpamento dei colli cosmaratesi, ed esasperato dal fatto che le sue denunce continuino a cadere nel vuoto”.
“Certo, tendiamo a trasferire ai nostri animali gli stessi vizi e squilibri che rovinano le nostre vite, dai disordini alimentari alle ossessioni comportamentali, imponendogli abitudini e ritmi che non appartengono affatto alla loro natura. Basta parlare con un veterinario per scoprire che cani e gatti ormai soffrono di quasi tutte le patologie umane, dal diabete alla depressione”.
Perché da un lato sono venuti a mancare i progetti di grande respiro della politica, la capacità di immaginare un’evoluzione della nostra società verso un ideale, e dall’altro i sogni personali sono stati sostituiti da desideri di beni materiali facilmente acquistabili, e da un appagamento dell’ego tramite i social”.
“Chissà. Io spero che si arrivi a un punto di saturazione e le persone la finiscano di contemplare e mettere in mostra la propria immagine (alterata) sullo schermo dei loro dispositivi elettronici”.
“Sì. Mi piaceva l’idea di avere un riferimento un po’ defilato rispetto ai punti di vista dei quattro protagonisti, raccontati in diretta con tutte le loro emozioni e pensieri. Agnese è fondamentale per l’equilibrio di Guiscardo, ma lo è anche per l’equilibrio del romanzo nel suo insieme
“Volevo ridere e fare ridere su aspetti anche parecchio preoccupanti del mondo, perché sono convinto che l’ironia possa essere più efficace di un’analisi severa, pur essendo altrettanto implacabile. E sì, i sentimenti d’amore e d’amicizia sono la luce che ci può risvegliare e guidare attraverso la nebbia di questi tempi confusi”.
Cristina Marra