Lo scrittore Marco Steiner ha pubblicato il romanzo intitolato “Nella musica del vento” per le edizioni Salani, Visum lo ha intervistato.
Marco, Nella musica del vento è un romanzo di svolta, da Corto Maltese al bastardo Morgan Jones, mi racconti la nascita di questo personaggio?
“Corto Maltese è un buon amico, ma ho conosciuto prima il suo creatore, Hugo Pratt, e poi lui, per questo motivo credo di conoscerlo in una maniera particolare, diciamo che la cosa fondamentale che mi hanno insegnato Pratt e Corto è la bellezza delle nuove strade, piste, rotte. Questa è la vera avventura, scoprire e inventare. La nascita di Morgan Jones, la devo a una conversazione che ho avuto a Bologna con un grande fumettista, Vittorio Giardino. Parlavamo di personaggi letterari e lui, a un tratto mi ha guardato e mi ha detto: ‘Marco, tu hai già raccontato un giovane Corto Maltese, un gentiluomo di fortuna con i suoi valori di libertà e indipendenza, perché non racconti la storia di un personaggio negativo, di un vero bastardo?”. “Quelle parole mi sono entrate in testa e poi si è aggiunta la mia passione per la Patagonia dopo alcuni viaggi che avevo già fatto in Argentina e poi laggiù, nell’ultimo itinerario in terra del Fuoco e nella navigazione lungo il Canale di Beagle ho incontrato i luoghi delle storie dei veri ‘cacciatori di indios’ di cui avevo letto nel corso degli anni”.
Una storia di profonde suggestioni, di silenzi e improvvise emozioni che corrono tra le pagine in un altalenarsi di perdite e conquiste, di abbandoni e ripartenze. Il tuo ritmo narrativo è paragonabile a un cavallo al galoppo e a una barca nel mare in tempesta?
“Questo lo lascio dire ai lettori, diciamo che io mi sono profondamente appassionato a questa storia e, in ogni capitolo, ho cercato di raccontare qualcosa di diverso, un passaggio o un paesaggio, un incontro, un punto di vista diverso. Il libro si snoda come un vero viaggio che si addentra sempre più nell’ambiente che circonda, avvolge e coinvolge i vari personaggi”.
Morgan e Maria nel loro viaggio insieme ripercorrono anche i viaggi precedenti è anche un romanzo di formazione al dolore e alla vita al contrario?
“È una storia in cui i due protagonisti si rendono conto attraverso la reciproca condivisione e comprensione, a volte silenziosa, di quello che è stato il loro passato. Il loro cammino procede verso nuove terre, ma la loro conoscenza si approfondisce anche verso l’interno”.
Come è stato il tuo lavoro di ricerca e di indagine su Butch Cassidy?
“Il lavoro su Butch è stato piuttosto lungo, fu proprio Hugo Pratt a raccomandarmi di approfondire la sua storia a fumetti “Tango” che raccontava un’avventura di Corto Maltese nell’Argentina del 1920. Mi disse che per continuarla avrei dovuto innanzitutto leggere un libro di Robert Redford, proprio l’attore americano appassionato di storie del wild west e di cavalli, il libro s’intitola “The outlaw Trail” (Il sentiero dei fuorilegge). Redford viaggia davvero a cavallo alla ricerca di ricordi e testimonianze sulla misteriosa vita di Butch Cassidy.
In seguito, mi sono documentato sugli eventi all’epoca della tratta delle bianche tramite l’indagine giornalistica del grande scrittore e viaggiatore Albert Londres, (“Buenos Aires, Le strade del vizio”), poi sono arrivati tanti altri testi e diversi viaggi fatti, sia nel Nordamerica, che in Patagonia ed è nato il mio primo libro ‘L’ultima pista’ edito da Cadmo nel 2006. Dietro a questa storia, posso dire che c’è una lunghissima altra storia. Un particolare in più è stato l’incontro con Guillermo Eduardo Parker un collezionista prattiano che proprio in mezzo alla pampa argentina mi ha parlato molto di Butch Cassidy, il cui vero nome era, guarda caso, Robert LeRoy Parker ed era un suo lontano parente”. La documentazione storica è fondamentale per far viaggiare la fantasia libera partendo da solide basi.
Morgan è un bastardo, lo chiamano Barbaroja, cambia pelle come farebbe un serpente ma resta sempre lo stesso serpente?
“Un serpente è sempre un serpente, morde, ma lo fa quando ha paura o quando viene infastidito. Morgan invece, all’inizio della storia, mordeva per rabbia e per il piacere di mordere, poi cambia e lo fa perché non sopporta più certe cose”.
Nel romanzo denunci la condizione degli indios, il loro sterminio. Cosa impara Morgan dal rapporto con gli indigeni? E i bastardi assoldati per uccidere gli indios erano dei veri e propri killer?
“I bastardi come lui all’inizio, e questa è la realtà storica, venivano pagati per spaventare gli indios e impedirgli di uccidere le pecore dei latifondisti, poi questi uomini senza leggi cominciarono a “divertirsi” e la loro diventò una vera caccia all’uomo. Tutto quello che racconto in questa storia purtroppo è stata una drammatica realtà che ha portato a un eccidio quasi trascurato dalla Grande Storia”.
Scritto in prima persona da due punti di vista uno maschile e uno femminile. Com’è stato entrare nella psicologia di una donna sola, violata, sfruttata e determinata a raggiungere la libertà come è la tua Maria?
“Questa credo sia stata un’esperienza importante per me e devo dire che la mia scrittura è cambiata dopo “Isole di ordinaria follia” (Marcianum Press, Edizioni Studium), un libro nel quale ho dato voce a quindici personaggi diversi, maschili e femminili, vissuti nell’arco di diverse epoche, ma che avevano in comune una cosa: la loro reclusione nel manicomio di San Servolo a Venezia”.
“A partire da quel libro ho imparato ad ascoltare meglio le voci dei vari personaggi. Entrare nel passato di Maria Leibowitz è stata una esperienza letteraria importante per me, scrivere in prima persona entrando nei suoi pensieri, quasi un dovere. Forse tutto quello che avevo letto circa le ingiustizie e le violenze subite da tante ragazze in quell’epoca, continuava a ribollirmi dentro, così ho cercato di dargli una voce, era necessario, non potevo solo descrivere i fatti, li dovevo gridare”.
Un uomo e una donna in viaggio, era impensabile per quei tempi?
“Era difficile, soprattutto in questa forma, Morgan e Maria fuggono insieme a un altro personaggio che si chiama Aurelio ed è un marinaio anarchico italiano. In quell’epoca gruppi di uomini e donne viaggiavano insieme, ma lentamente e con carovane più o meno grandi di persone che si spostavano in cerca di casa, fortuna, sopravvivenza. In questo caso, nell’ambiente ostile della Terra del Fuoco, per uno come Morgan Jones, abituato a confrontarsi con la natura come un animale selvaggio, una donna poteva essere un peso, un intralcio nella fuga, per questo motivo viaggiare con lei è stata una scelta precisa, coraggiosa e sicuramente inconsueta. Quella scelta è stata la chiave di tutta la storia”.
Morgan nasce già solo e ha un rapporto difficile con gli esseri umani, riesce invece ad entrare in simbiosi con la natura, a dialogare e ascoltarla e soprattutto a fidarsi della natura?
“Un uomo solo in quelle terre difficili o entra in contatto con la natura imparando ad ascoltarla e a rispettarne le regole oppure muore. La fame, il freddo, la mancanza d’acqua non hanno pietà, bisogna resistere e imparare a distinguere le cose possibili da quelle impossibili, non basta la forza, serve il contatto profondo con la terra e chi la popola, piante, animali, sorgenti d’acqua, fonti di vita possibile”.
Il cavallo Asaw di Morgan, gli uccelli e altri animali sono grandi protagonisti nella tua storia. Ascoltare la natura per Morgan è importante come lo era parlare col corvo per Corto?
“Assolutamente sì, in questa storia, oltre a Morgan e Maria, il terzo protagonista fondamentale è la Natura e il viaggio di Morgan è un viaggio in un progressivo e intimo contatto con i segreti della natura che consente di sopravvivere a un patto: aiutare qualcuno a fare un altro pezzo di strada…”
Il romanzo è una lunga avventura ma è anche una storia di amicizia e d’amore?
“È una lunga e progressiva storia di un amore diverso, ruvido, fatto di silenzi, ma di grande comprensione e condivisione. Le amicizie avvengono grazie agli incontri, sono amicizie che nascono in condizioni estreme e vanno subito all’essenza del rapporto, per esempio l’amicizia di Morgan con un marinaio in grado di condurre un veliero attraverso mari ghiacciati e venti impetuosi significa fiducia completa. C’è di mezzo la vita, dunque l’esperienza sarà profonda, qui non si tratta di intesa o simpatia, ma di totale fiducia e questa dovrà essere necessariamente reciproca. Anche Morgan e Aurelio si riconoscono, ma non subito”.
La pampa e il mare, cosa hanno in comune? Per Morgan abituato al suo inferno della pampa “al giallo ocra, verde, marrone, la sua polvere spianava i vuoti e riempiva le ferite”. Per lui il mare sarà una scoperta e anche un ritorno al passato?
“Il mare e la pampa in questa storia sono immensi spazi liberi e aperti, ma non sono mai vuoti, sono spazi possibili, in questi orizzonti sconfinati è necessario immaginare quello che c’è oltre, il vuoto si popola di ricordi e allo stesso tempo di visioni. Anche il silenzio non è mai completo in quei luoghi, non servono parole, ma ci si abitua ad ascoltare il vento, il mare e la terra e tutti questi suoni, nell’insieme, diventano una specie di Musica che accompagna”.
Morgan è come un gatto nero?
“Morgan è indipendente come un gatto nero, ma è più pericoloso di un gatto nero, Morgan è un micidiale animale selvaggio, eppure, dimostra che ognuno, anche il peggior bastardo può cambiare, di solito un bastardo peggiora col passare del tempo ma a volte, quando il confine fra il bene e il male diventa indistinto, accade qualcosa e tutto può cambiare…”.
Cristina Marra