Un palazzo anni venti che conserva un tesoro. A Roma la casa studio dove Giacomo Balla ha vissuto negli ultimi trent’anni della sua vita. Dove si faceva arte. Non solo dipinti, ma mobili, arazzi, arredi, sperimentando materiali e inventando forme. E guardando al futuro.
E’ un segno di ritrovata fiducia l’apertura di Casa Balla nel quartiere della Vittoria, a Roma, al quarto piano di via Oslavia 39. Qui Giacomo Balla ha vissuto dal 1929 alla morte nel 1958. E dopo con la madre Elisa, vi rimasero, gelose custodi del suo lascito artistico, le adorate figlie Elica e Luce, scomparse nel ’93 e nel ’94. Artiste anch’esse e partecipi dello spirito futurista che avevano impresso nel nome. Dopo la parentesi a Villa Borghese, la luminosa casa di via Oslavia, l’unica con un terrazzo, sarà il luogo ideale per creare opere d’arte, per osservare le stelle e farsi fotografare con vestiti futuristi a scacchi e losanghe.
Si apre un laboratorio di sperimentazione artistica, un vortice d’invenzioni e di trasformazioni che investono pareti, soffitti, arredi, ante di armadi, abiti e la casa intera. Emozionante entrare in quel luogo magico, fucina di modernità e intimo rifugio di affetti familiari. Balla, supportato dalle figlie, non produce solo dipinti, realizza personalmente pennelli e cornici, costruisce a incastro madie, tavoli, sedie, sgabelli e lampadari, utensili, riutilizzando materiali poveri. E ricoprendo le superfici di meravigliosi colori.
Dalle sue mani escono anche i progetti di abiti e cappelli, elementi d’arredo, tappeti e arazzi lavorati in casa, ma pronti per essere fatti in serie. E’ la ricostruzione futurista dell’universo teorizzata nel Manifesto firmato con Fortunato Depero nel 1915 per rifare il mondo “rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente”, dando “scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile”. Casa Balla opera d’arte totale, caleidoscopio di colori e di forme era zeppa di segni, di progetti, di disegni, di dipinti finiti o in lavorazione.
Di questa miniera inesauribile di fantasia creatrice quanto le figlie sono riuscite a salvare dopo la scomparsa del padre, lottando contro l’ignoranza, il disinteresse o il desiderio di immediato profitto? C’erano, si dice, rotoli di disegni stipati in casse, accatastati ovunque in cartelle appoggiate alle pareti, dipinti che coprivano tutte le superfici, oggetti di uso comune costruiti come opere d’arte.
E’ rimasto quello che non poteva essere asportato, le pareti decorate, i punti luce, alcuni mobili, la targa sulla porta dall’inconfondibile lettering futurista “Futurballa.” E ciò che è entrato nei musei, nelle collezioni private, nella linea ereditaria. Sono rimaste alcune opere del pittore, i tre pannelli “Le mani del popolo italiano” e delle figlie. I dipinti di nuvole di Elica chiamata in famiglia “l’acchiappanuvole” e quelli verdissimi di Luce. Scomparse senza eredi diretti “le signorine”, il rischio è aumentato.
Solo nel 2004 il Ministero della Cultura ha apposto il vincolo. E’ seguito un primo intervento dell’Istituto Centrale per il Restauro e di recente la Soprintendenza Speciale di Roma diretta da Daniela Porro in collaborazione con gli eredi e con la Banca d’Italia che ha finanziato in passato lavori d’impiantistica, hanno promosso ulteriori restauri. E’ stato così possibile allestire la casa per le visite guidate a piccoli gruppi, su prenotazione attraverso il MAXXI che in via Guido Reni ha organizzato la mostra “Casa Balla Dalla casa all’universo e ritorno”.
Curata da Bartolomeo Pietromarchi e Domitilla Dardi, mette a confronto Balla, che ha avuto una visione modernissima dell’arte, aperta a discipline, stili e linguaggi diversi, con otto artisti, architetti e designer contemporanei che a lui si ispirano. Sono Alex Cecchetti, Emiliano Maggi, Carlo Benvenuto, Leonardo Sonnoli, Cassina con Patricia Urquiola, Ila Beka & Louise Lemoine, Space Popular e Jim Lambie di cui si ha un assaggio nell’ascensore, che conduce alla spettacolare quinta galleria vetrata.
In questo spazio ideato da Zaha Hadid, in mostra sedie, tavoli, attaccapanni originali e coloratissimi, arazzi, studi e progetti per mobili, tappeti, vestiti, sciarpe, borse. E pezzi inconfondibili come il “Vestito per Luce”e il “Gilet” del ’24-’25. Di fronte alla grande vetrata si staglia la Porta dello Studiolo Rosso, sulla parete di fondo, accanto all’opera di Urquiola, spicca il grande “Genio Futurista”, espressione di un’arte che esalta il mito della velocità e del dinamismo. Era nel Padiglione delle arti decorative dell’Esposizione di Parigi del 1925. Oggi è uno dei pezzi forti della Collezione Biagiotti Cigna.
MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo – Via Guido Reni, 4 A Roma. Orario: 11-19, lunedì chiuso. Fino al 21 novembre 2021. Apertura Casa Balla nei weekend dal 25 giugno con prenotazione obbligatoria. Informazioni: tel. 06-3201954 e www.maxxi.art
Laura Gigliotti