A Palazzo delle Paure e a Villa Manzoni di Lecco c’è fino al 21 novembre 2021 una grande mostra dedicata ai “Paesaggi possibili- da De Nittis a Morlotti, da Carrà a Fontana” che analizza come il tema sia stato affrontato nell’Otto e Novecento. E’ curata da Simona Bartolena.
Questo progetto di analisi del paesaggio con 90 opere curato da Simona Bartolena in collaborazione con il Sistema Museale Urbano Lecchese, presenta opere dei maggiori artisti italiani del periodo fine Ottocento, primi Novecento come Massimo d’Azelio, il Picchio, Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Salvatore Lega, Gaetano Previati, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Ennio Morlotti, Lucio Fontana e molti altri.
Al patrimonio del Sistema Museale Urbano Lecchese si aggiungono nella Sale del Palazzo delle Paure alcune opere dei musei di Lecco trovando una giusta destinazione nella Galleria d’Arte Moderna di Volla Manzoni. Bisogna dire che il tema del paesaggio è stato molto indagato in Francia con la Scuola di Barbizon, gli Impressionisti e i Puntinisti fino alle Avanguardie sempre in modo molto lineare. In Italia invece il tema del paesaggio pur praticato dai maggiori artisti con ottimi risultati, questo non è avvenuto.
Quindi non essendo studiato in modo lineare non ha condotto agli stessi risultati. Paesaggi possibili tocca tutti i generi pittorici come mimesi del vero, come luogo dell’immaginazione e del sogno, come simbolo, come astrazione di sé, come concetto spaziale, fino a mettere in luce tutto il percorso che gli artisti italiani hanno fatto mai identificato con precisione. In questo sta il valore di questa vasta mostra, che per la prima volta fa conoscere al grande pubblico tutto l’iter. Si tratta di un percorso che va dal paesaggio storico dei romantici, all’immagine del vero dei macchiaioli, per arrivare a divisionisti e i puntinisti, alle avanguardie del primo Novecento, fino all’inizio del contemporaneo questo con artisti come Morlotti e Fontana dove il paesaggio si riduce in stato emotivo o concetto spaziale.
Simona Bartolena, la curatrice, afferma: “Sebbene il paesaggio sia un tema iconografico come arti visive è molto recente. Solo nel XIX secolo, infatti, gli viene riconosciuto un ruolo autonomo, non più come paysage historique, non più scenografia per racconti mitologici religiosi o storici ma tema sé stante, momento di osservazione del vero dal vero, occasione di sperimentazione e ricerca ed espressione poetica. Dalla pittura sublime della generazione romantica dagli scorci del vero della pittura di Barbizon e dai numerosi eredi, l’Ottocento è in tutta Europa, il secolo in cui il paesaggio trova se stesso, trasformatosi progressivamente da scenografia per narrazioni bibliche storiche, a luogo del vero, a luogo dell’anima, da spazio collettivo,a spazio mentale. Una mostra veramente istruttiva da visitare.
Anna Camia