A Ferrara debutta lo spettacolo di danza Hands do not touch your precious Me, l’8 e 10 ottobre con la compagnia del coreografo Wim Vandekeybus.
Torna la danza contemporanea a Ferrara
Torna la grande danza contemporanea al Teatro Comunale di Ferrara, l’8 e il 10 ottobre, con un doppio appuntamento firmato dalla compagnia Ultima Vez / Wim Vandekeybus: in prima rappresentazione italiana il pubblico potrà assistere a Hands do not touch your precious Me, spettacolo che doveva debuttare proprio a Ferrara in prima mondiale lo scorso anno, poi sospeso per l’emergenza sanitaria.
Hands do not touch your precious Me
In Hands do not touch your precious Me Wim Vandekeybus tesse un racconto mitico di confronto e trasformazione, di luce e ombra, morte e rinascita.
Questo titolo, poetico e misterioso, riprende un verso tratto da un inno della sacerdotessa sumera Enheduanna alla dea Inanna. Una tra le prime testimonianze di pensiero scritto e “firmato” giunte a noi.
Wim Vandekeybus crea una coreografia tra morte e rinascita
Innana è l’incarnazione divina dei paradossi dell’esistenza umana e le sue azioni sono il riflesso delle tensioni e delle contraddizioni che ogni persona è costretta ad affrontare nella vita. Incise su tavolette di argilla in caratteri cuneiformi oltre 4.000 anni fa, queste parole sono tra le testimonianze più antiche dell’umanità.
Il corpo come scultura vivente
Il coreografo, regista e film-maker belga, tra quelli che più hanno segnato la danza di questi ultimi decenni, collabora con le arti e lavorando insieme ad altri artisti crea un mondo per otto danzatori dove il corpo, quasi scultura vivente, rimane in bilico tra utopia e turbamento, tra forza e fragilità.
La ricerca artistica con l’argilla è firmata dal performer e artista visivo congolese Olivier de Sagazan. Per la musica ha scelto di collaborare con la compositrice elettroacustica Charo Calvo, con musica originale aggiuntiva (Red Dance) di Norbert Pflanzer.
Il 10 ottobre alle 16 va in scena, invece, Traces.
Nella sterminata e travolgente natura romena delle ultime foreste primordiali d’Europa, il coreografo fiammingo cerca le tracce più antiche dell’uomo e della sua memoria. Lo fa per parlare della “storia interiore” e che può essere raccontata solo dalle pulsazioni della danza e della musica.
Redazione