Intervista a Samantha Silva autrice di Amore e Furia. Mary Wollstonecraft, pensatrice e romanziera inglese, nella seconda metà del Settecento è stata una donna controcorrente, pioniera del femminismo e autrice di libri sull’emancipazione delle donne, sull’uguaglanza e la libertà. Madre di Mary Shelley, Wollstonecraft diventa la protagonista del romanzo “Amore e furia” di Samantha Silva edito da Neri Pozza. Visum l’ha intervistata.
Intervista a Samantha Silva autrice di Amore e furia
Samantha Silva in Amore e Furia edito da Neri Pozza miscela la realtà con un pizzico di finzione e si immagina gli ultimi undici giorni di vita della donna, dopo aver messo al mondo la piccola Mary. Samantha Silva con una prosa intensa e incalzante, narra il rapporto tra Mary e la sua bambina e il loro legame durato pochi giorni, ma mai reciso totalmente.
Samantha, ti sei occupata per molto tempo di Dickens, con “Amore e furia” racconti Mary Wollstonecraft, che ricerche hai fatto sul periodo e sui personaggi?
“Ho studiato Storia al college, quindi sono una ricercatrice instancabile. In questo caso, ho letto numerose biografie della Wollstonecraft, le sue lettere, gli scritti, la critica letteraria, prima di mettere la penna sulla carta. Sono anche esperta nello sprecare un intero pomeriggio, esagerando nelle ricerche per trovare qualche chicca che potrei invece facilmente inventare. È un po’ la gioia e la rovina della mia vita di scrittrice. I personaggi sono una cosa diversa. Ad un certo punto ho dovuto allontanarmi dalla concezione e dalla conoscenza di Wollstonecraft di tutti gli altri, per trovarne la mia versione. Mi piaceva seguire le briciole e gli indizi, le lacune in ciò che si sapeva di lei, in modo da poterle riempire con la mia immaginazione. Ma si trattava anche di trovare la mia voce nella sua, e la sua nella mia. Quando i personaggi iniziano a parlare, io ascolto”.
Amore e furia un romanzo in cui è forte il legame madre-figlia
Nel romanzo è forte l’aspetto del legame madre-figlia. Che tipo di madre era Mary?
“Wollstonecraft pensava che il matrimonio fosse una tirannia – che le donne cedessero i loro diritti ai mariti, nello stesso modo in cui gli uomini cedevano i loro diritti ai re. La maternità, tuttavia, lei trovava che fosse la cosa più naturale del mondo. Da bambina era stata affamata di amore e di affetto, ed era determinata a non ripetere quella privazione. Mary diede alla luce la sua prima figlia, Fanny, fuori dal matrimonio, cosa per cui soffrì molto, ma ho una forte percezione di lei come una madre giocosa, creativa e impegnata che adorava guardare giorno dopo giorno lo sviluppo del linguaggio, della personalità, della curiosità e dell’intelligenza di Fanny. Anche quando era in preda a una terribile depressione, Mary era una madre tenera e amorevole che sognava un mondo in cui le bambine potessero crescere, istruite e responsabilizzate come gli uomini”.
Amore e furia: intervista a Samantha Silva
Nel romanzo c’è un’altra donna importante: Parthenia Blenkinsop, detta Mrs. B. È una donna reale o un personaggio di fantasia?
“Sono felice che tu l’abbia chiesto! Parthenia Blenkinsop, la levatrice, è l’unico personaggio di fantasia nel libro. Tutti gli altri assomigliano a chi erano nella vita reale (anche se mi prendo grandi libertà). Mary aveva una levatrice di nome Blenkinsop che veniva dal Westminster Lying-In Hospital, ma il resto l’ho inventato di sana pianta. Volevo alternare i capitoli in modo da poter sperimentare (attraverso gli occhi della signora B.) ciò che accadeva nella stanza in ciascuno degli undici giorni che Wollstonecraft visse dopo il parto; per poi passare a Mary che racconta una storia della sua vita alla figlia appena nata. Ma non volevo che Parthenia fosse un espediente; volevo che avesse un suo arco narrativo, una storia che riecheggiasse in qualche modo la trasformazione di Mary nel corso della sua vita”.
Secondo te, quanto e come Mary Shelley è stata simile a sua madre?
“Mary Shelley è cresciuta tormentata dall’assenza della madre e ispirata dalla sua persistente presenza – la leggenda che Mary Wollstonecraft fosse nella loro cerchia. Sia lei che Percy Shelley si consideravano ‘Wollstonecraftiani’, e mentre si innamoravano, si leggevano a vicenda le opere ad alta voce sulla tomba di Mary nella chiesa di Old St. Pancras. Ho pensato spesso a come sarebbe stato per la figlia, essere immersa negli scritti della madre e nelle storie che la gente le raccontava. Come sua madre, Mary Shelley finì per essere un’intrepida avventuriera, senza paura di sfidare le norme sociali, disposta a prendersi la colpa per questo, e aveva la stessa ricca vita emotiva e intellettuale di Wollstonecraft, e una potente capacità di sperimentare la bellezza e di amare, che spero il romanzo trasmetta”.
Cristina Marra