Con Il filo di Luce, la scrittrice Valeria Montaldi esplora il mondo dell’arte della seta della Milano del 1447 e ci regala una protagonista forte e determinata, Margherita, una donna controcorrente e moderna che sfida le ingiustizie, i pregiudizi e i veti verso le donne del suo tempo e opera in una città complice e bellissima. Visum l’ha incontrata.
Montaldi si conferma maestra del genere storico in cui misteri e un tocco di crime, avvolgono la trama come la seta di cui Margherita diventerà tessitrice e imprenditrice. “Il filo di luce” è una storia che dalla Milano sforzesca giunge ai nostri giorni rivelandosi quanto mai attuale.
Il filo di luce: intervista a Valeria Montaldi
Valeria scrivi da vent’anni e indaghi la Storia nei suoi luoghi e nei suoi personaggi, qual è il tuo metodo di indagine? Come scegli i soggetti e le ambientazioni che racconti?
“Sono stati vent’anni di studio e di ricerca che, di romanzo in romanzo, hanno stimolato la mia curiosità. Approfondire le vicende di personaggi storici propinati in modo asettico sui banchi di scuola, ha fatto sì che mi chiedessi chi fossero in realtà questi potenti e, soprattutto, quale fosse il mondo che li circondava. Mi sono resa conto che dentro le mura di castelli ben muniti o fra le strade polverose delle città, esisteva un’umanità ricca di sfumature: da un lato, la vita degli aristocratici, lo sfarzo e gli intrighi, dall’altro la violenza, la mancanza di cure, le pestilenze, le carestie, la fame. Non mi ci è voluto molto per capire che quella che mi interessava davvero era questa parte della Storia, quella che io non a caso chiamo ‘microstoria’. Com’era l’esistenza delle persone comuni? Dove abitavano, con quale forza affrontavano stenti e umiliazioni, quante rinunce dovevano sopportare?”.
“Sono state le fonti documentali, investigate con grande pazienza, a fornirmi le risposte: i luoghi di oggi, ancora carichi di memoria, gli abiti e i volti tramandati dall’iconografia, la ricchezza della musica medievale e rinascimentale, le acque di un tempo che bagnano ancora le nostre città, la Via Francigena e le tante altre strade battute da mercanti e pellegrini. E’ stato un percorso lungo e di sicuro non facile, ma mi ha permesso di ritrovarmi in un passato ben più realistico di quanto credessi”.
Intervista a Valeria Montaldi
Margherita subisce da giovanissimi soprusi e abusi e cerca il riscatto personale e sociale. Quanta determinazione e quanto coraggio ci volevano in una donna dell’epoca per contrastare la supremazia maschile?
“Di coraggio ce ne voleva molto, a qualunque status sociale appartenessero le donne: aristocratiche, destinate loro malgrado a matrimoni utili solo alla continuazione di dinastie con il conseguente allargamento di domini e possedimenti, o popolane, mera forza lavoro priva di tutele, spesso costrette a ricominciare ogni cosa daccapo dopo aver perso mariti in battaglia o aver assistito impotenti alla morte dei figli. Quanto alla supremazia maschile, erano in pochi ad averne coscienza: la donna era possesso dell’uomo, padre, fratello, marito, amante che fosse. Le stesse gerarchie civili ed ecclesiastiche consideravano la donna alla stregua di un oggetto da manipolare secondo il proprio piacimento, prova ne sia la persecuzione perpetrata per secoli nei confronti delle cosiddette streghe, personalità devianti e capaci di portare scompiglio nelle stanze del potere”.
Altra grande protagonista è la seta. Le attività manifatturiere imprenditoriali dei setifici erano anche in mano a donne? Quanto la lavorazione della seta ha aiutato le donne a inserirsi nel mondo del lavoro e a competere con l’imprenditoria maschile?
“La produzione della seta, cominciata sotto Filippo Maria Visconti e continuata negli anni successivi dagli Sforza, è stata una delle imprese milanesi più rilevanti della seconda metà del Quattrocento. I tessuti preziosi che uscivano dalle manifatture andavano ad arricchire i guardaroba di aristocratici di altissimo lignaggio, ornavano paramenti d’altare ed erano acquistati anche da regnanti d’Oltralpe. E, come è intuibile dopo quello che si è detto fin qui, ancora una volta sono state le donne a operare questo miracolo: le mani delle apprendiste affondate nei calderoni bollenti della trattura dei bachi e le dita abili di filatrici e tessitrici hanno permesso che imprenditori coraggiosi potessero espandere un’attività economica fino ad allora sconosciuta a Milano”.
C’è una caratteristica che accomuna Margherita al fiore di cui porta il nome?
“Chi pensi che la margherita sia un fiore delicato, si sbaglia. Capace di richiudere i suoi petali per difendersi dalla pioggia o dal vento, aspetta solo che la tempesta si plachi e poi, con grazia, riapre la sua corolla al sole. E’ questo il motivo per cui ho attribuito questo nome alla mia protagonista: come il fiore, Margherita sa attendere, si risolleva e continua a coltivare la speranza”.
Cristina Marra