Arnaldo Pomodoro, il grande teatro delle Civiltà. Sino al 1 Ottobre a Roma, Fendi inaugura nella propria sede di Palazzo della Civiltà Italiana, questa mostra curata da Lorenzo Crespi e Andrea Viviani, in collaborazione con Fondazione Arnaldo Pomodoro. Catalogo Skira. Ingresso gratuito.
Arnaldo Pomodoro, il grande teatro delle Civiltà
La collaborazione tra Fondazione Arnaldo Pomodoro e FENDI rientra in una partnership più ampia volta a unire, il rispetto per l’eredità storica al sostegno e alla diffusione dei linguaggi artistici contemporanei, e alla ricerca di nuove forme di collaborazione basate sulla sostenibilità e l’innovazione.
La mostra illustra settant’anni di ricerca artistica di Pomodoro facendo vedere al pubblico circa trenta opere, realizzate tra la fine degli Cinquanta e il 2021, insieme a serie di materiali d’archivio – fotografie, documenti, bozzetti, disegni, molti dei quali inediti – che evocano lo spirito e l’atmosfera dello studio e dell’archivio dell’artista.
Il Grande Teatro delle Civiltà esplora l’interconnessione, nella pratica di Pomodoro, fra arti visive e arti sceniche
Il Grande Teatro delle Civiltà esplora l’interconnessione, nella pratica di Pomodoro, fra arti visive e arti sceniche e mette in evidenza il rapporto tra la dimensione progettuale dell’opera e la sua realizzazione. Una trama da cui emergono i possibili e molteplici riferimenti a quelle “civiltà” arcaiche, antiche, moderne, o anche solo fantastiche, a cui l’opera di Pomodoro costantemente rinvia, originando forme e materie che sono al contempo memoria del passato e visione del futuro e che rifondano le nostre conoscenze e i nostri immaginari, la nostra esperienza del tempo e dello spazio, della storia e del mito.
Il percorso della mostra prende avvio ai quattro angoli esterni dell’edificio con quattro sculture
Il percorso della mostra prende avvio ai quattro angoli esterni dell’edificio dove sono poste le quattro sculture Forme del mito (1983) – Il potere (Agamennone), L’ambizione (Clitennestra), La macchina (Egisto) e La profezia (Cassandra) – tratte dalle macchine sceniche che furono realizzate per il ciclo teatrale dell’artista Emilio Isgrò, ispirato all’Orestea di Eschilo, svoltosi sui ruderi della piazza di Gibellina distrutta dal terremoto del Belice.
Le quattro Forme del mito ridisegnano e ri-significano l’edificio, trasformando il cosiddetto Colosseo Quadrato – una delle architetture simbolo del Modernismo e del Razionalismo italiano – in un’opera aperta, reinterpretabile e riprogettabile, e non quindi definita una volta e per sempre.
Nel vestibolo di ingresso del Palazzo delle Civiltà Italiana compaiono due opere-costume
Nel vestibolo di ingresso del Palazzo delle Civiltà Italiana compaiono due opere-costume realizzate dall’artista per due spettacoli teatrali: il Costume di Didone (per La tragedia di Didone, regina di Cartagine di Christopher Marlowe, messa in scena a Gibellina nel 1986), e il Costume di Creonte (per Oedipus Rex di Igor’ Stravinskij, rappresentato a Siena nel 1988).
La mostra continua in due sale speculari e una sala di raccordo, pensate come due atti di un’opera teatrale con un intermezzo. Negli ambienti principali troviamo due opere di colore opposto, allestite simmetricamente: Le battaglie (1995), di colore nero, e Movimento in piena aria e nel profondo (1996-1997), di colore bianco.
La prima con le sue forme angolari, spigolose e taglienti e i diversi materiali utilizzati (grovigli di corde, cunei, bulloni) evoca la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, capolavoro del Rinascimento. Accanto a questa sono allestite altre due opere che approfondiscono il racconto della ricerca di Pomodoro: la Grande tavola della memoria (1959-1965), una riflessione sul bassorilievo e sulla tecnica antica della fusione sull’osso di seppia, e Il cubo (1961-1962), opera che coincide con l’avvio di una ricerca sulle forme elementari della geometria euclidea.
Nella seconda sala l’opera Movimento in piena aria e nel profondo, composta da una duplice curva riferibile ai grandi spazi celesti e terrestri, rappresenta l’agire scultoreo come “scavo dentro la complessità delle cose” che si solidifica nella consapevolezza di poter “curvare il tempo e lo spazio”.
Il Continuum di Arnaldo Pomodoro
Accanto è esposta un’opera che idealmente dona circolarità alla mostra, permettendo di ribaltare il suo finale e ripartire dal suo incipit: Continuum (2010), un grandioso rilievo interamente occupato dai segni caratteristici delle prime opere dell’artista, una sorta di “tracciato” che reca i codici e l’inventario di tutta la sua “scrittura”.
In queste due sale, come una mostra nella mostra, sono inoltre presentati materiali progettuali e documentari, perlopiù inediti, – libri d’artista, schizzi, disegni, modellini, lettere, fotografie, cataloghi, materiali di studio dei progetti più significativi.
A fare da raccordo tra le due sale, come un intermezzo tra due atti teatrali, la Rotativa di Babilonia (1991), collocata all’esterno ma visibile dalle vetrate del Palazzo, con la sua forma circolare suggerisce l’idea di un movimento ciclico e continuo, che si compie sia nel tempo che nello spazio. Nel corridoio interno invece è esposta la serie delle Tracce (1998), composta di ventuno rilievi calcografici bianchi, neri e ruggine.
Il percorso della mostra si conclude con Osso di seppia matrice simbolica di tutte le opere dell’artista
Il percorso si conclude sul loggiato del terzo piano con Osso di seppia (2011-2021), matrice simbolica di tutte le opere dell’artista, che ha iniziato la sua ricerca scultorea proprio incidendo l’osso di seppia, presente anche, come elemento emblematico, nell’ambiente Ingresso nel Labirinto, collocato nell’ex sede espositiva della Fondazione dell’artista a Milano, presso cui FENDI ha la sua sede milanese dal 2013.
La mostra è un ‘occasione per scoprire le altre opere di Pomodoro collocate a Roma e nel mondo
Anna Camia