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Intervista a Francesca Scotti

Intervista a Francesca ScottiFrancesca Scotti è l’autrice di Shimaguni- Atlante narrato delle isole del Giappone, edito da Bompiani. Shimaguni è un viaggio reale nell’arcipelago giapponese con guide immaginarie e legate alla tradizione, figure evanescenti e magiche, che guidano la protagonista e il lettore, alla scoperta dei luoghi dalle atmosfere suggestive e fantastiche, che isole grandi e piccole offrono. Visum ha incontrato l’autrice.

Intervista a Francesca Scotti

L’Atlante è un viaggio nell’arcipelago giapponese, come nasce l’idea del libro?

Per diversi anni, dopo essermi trasferita in Giappone nel 2011, non ho avuto la percezione che il paese fosse arcipelago. La sensazione di vivere su un’isola era forte, ma non quella che il Giappone fosse una moltitudine di isole più o meno grandi. Poi, un po’ per caso, ho cominciato a visitare alcune di quelle più piccole o remote. Ognuno di questi viaggi mi ha offerto una visione diversa, con altre sfumature rispetto a quelle che nel tempo avevo raccolto. E così ho pensato di raccontare questa moltitudine (una piccolissima parte, visto che in totale sono oltre 14.000), di mostrare un lato più intimo e meno noto del paese”.

 

Come hai mescolato realtà e finzione?

Desideravo che questo Atlante racchiudesse la realtà delle isole ma che fosse anche un racconto, qualcosa in cui i lettori potessero sentirsi coinvolti emotivamente e non “solo” dalle informazioni storiche, culturali, naturalistiche. Ho deciso così di immaginare una giovane donna, che compie un viaggio attraverso cinquanta isole. La sua è un’esplorazione nella realtà dei luoghi, ma anche interiore: ogni incontro con queste terre sconosciute e con la loro storia a volte misteriosa porta pensieri nuovi e nuove visioni”.

 

Che legame hai col Giappone ? E perché secondo te è una terra che affascina e incuriosisce tanto?

 

La prima volta che sono stata in Giappone era il 2007, e prima di visitarlo non avevo alcuna fascinazione particolare per il paese. Ma già dopo le prime esplorazioni urbane e non, mi sono accorta che lì, in quello spazio, seppur estremamente distante da tutto quanto mi fosse noto, c’era qualcosa che mi riguardava profondamente. Ho pensato che per capire meglio in cosa risiedesse questa “familiarità” sarebbe stato bello viverci e così, nel 2011, mi sono trasferita a Kyoto insieme a mio marito. Credo che il Giappone continui ad affascinare il pubblico, perché da un lato è un paese sufficientemente conosciuto – grazie alla cultura pop, agli anime e ai manga – per sollecitare una continua curiosità. Dall’altro, mantiene un’aura di diversità e per certi versi mistero tale da esercitare fascino”.

 

“Scaglie, schegge, frammenti di terra che mantengono la loro individualità” come convivono insieme tutte le diversità dell’arcipelago?

Il Giappone è spesso percepito come un paese omogeneo, ma il fatto che si estenda dalle latitudini subartiche, a quelle subtropicali, determina una grande varietà di climi e di ecosistemi, e una prodigiosa biodiversità marina. Inoltre le sue isole sono state luogo di scambio, incontro, commistione. E così al mito del Giappone omogeneo si contrappone una realtà di ricchezza e diversità culturale, non soltanto alle estremità del paese – come Okinawa e Hokkaidō – ma anche a livello regionale. L’identità giapponese è il prodotto di influenze arrivate dal mare, e spesso tramite le isole, nel corso dei secoli. Nonostante una narrazione di uniformità ho trovato che, soprattutto in anni recenti, queste diversità sono valorizzate. Temo però che sia un equilibrio fragile, anche visti i noti problemi di invecchiamento della popolazione e spopolamento delle aree remote: spero che si riesca a mantenere nel tempo questa ricchezza”.

 

La protagonista è guidata da spiriti, personaggi trascendenti, perché questa scelta?

L’esigenza narrativa era quella di avere una voce che sapesse tutto delle isole, fin dalla loro creazione e così ho scelto di affidarmi a queste guide trascendenti. Il termine “spirito” lo utilizzo però in maniera estesa e non ortodossa. Quando si parla di Giappone il concetto e l’idea di spirito appaiono spesso: la parola usata per ‘divinità’, kami, può essere letta come ‘dio’ ma anche come ‘spirito’– e i kami sono connessi a moltissimi aspetti della vita e della natura. I luoghi vengono spesso associati a uno specifico ki: atmosfera, ma anche spirito. Le arti tradizionali sono spesso permeate di una propria essenza vitale, un proprio spirito. Ma quelli che incontra la protagonista dell’atlante sono altro ancora, forse una mescolanza di tutte queste declinazioni che ne formano una tutta narrativa. Spiriti della Natura, della Tradizione, della Battaglia, della Devozione, dell’Assenza che conoscono profondamente le isole e ne custodiscono segreti e l’energia sono guide speciali, capaci di accompagnare sia la viaggiatrice sia il lettore in questa esplorazione ricca di meraviglia”.

Tradizione che guida è?

Se Natura, Devozione, Battaglia e Assenza credo non necessitino di ulteriori precisazioni perché si comprende immediatamente quali sono le conoscenze che riguardano questi spiriti-guida, Tradizione invece richiede forse qualche parola in più: ho scelto di utilizzare questo termine senza alcuna pretesa di correttezza filologica e con una finalità meramente narrativa affidandogli una serie di aspetti artistici, musicali, folklorici. E quindi la protagonista di Shimaguni, accompagnata dagli spiriti della Tradizione, visiterà isole come Sadogashima, legata al teatro nō, una delle più antiche arti tradizionali giapponesi, praticata ancora oggi e apprezzata nel mondo. Oppure Akusekijima, dove una volta all’anno, alla fine dell’obon (la festa degli spiriti degli antenati) i Boze – divinità dall’aspetto inquietante – lasciano la foresta per raggiungere le zone abitate contrastare gli esseri maligni. O ancora Taketomijima, dove visse la giovane e bellissima contadina Asato Kuyama, ‘protagonista’ di una famosa canzone tradizionale, Asadoya Yunta”.

Che rapporto ha il Giappone col mare?

Questa domanda richiederebbe una lunga e articolata risposta che attraversa la storia, la religione, l’economia e altro ancora. Per quanto riguarda la mia esperienza posso dirti che lavorando a questo atlante, mi sono imbattuta in tante e diverse “forme” di mare: buono e misterioso, feroce e spietato, mare da navigare e vivere, da temere e arginare. Dimora di spettri, relitti, divinità, yōkai, fonte di sostentamento fin da tempi remoti. Il mare fa parte della cultura giapponese, dell’identità, dell’arte e dell’immaginario antico e contemporaneo. Basti ricordare che i tre panorami più belli del Giappone, secondo lo studioso neoconfuciano Hayashi Gahō, ne contemplano tutti la presenza, e che il pesce come il riso è un’offerta agli dei”.

Cristina Marra

 

 

Cristina Marra: giornalista pubblicista, si occupa di critica letteraria da diversi anni con particolare riferimento alla narrativa giallo-poliziesca. È stata direttore artistico di numerosi festival tra Festival Lipari Noir, Arena Faletti di Ombre Festival, Calabria Noir Festival, Bologna on the road, le strade del noir, Festival del Giallo di Cosenza. È organizzatrice di diverse rassegne letterarie e ha scritto racconti noir presenti in diverse antologie.È Direttore della collana noir Emozioni d'inchiostro noir e Piccoli noir dell'editore Laruffa.